Difficile dimenticare la nostra prima festa.

Perché indimenticabili saranno per sempre i costumi, la scelta dei costumi. Gli occhi nascosti dalle maschere, anche quando tutto il resto era esposto.

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Perché difficile non avere i brividi dato che era la prima volta che mi vedevi in piedi, fra 250 persone, issata al centro della scena, frustata appoggiata a una sedia a cavalcioni…

La prima volta in cui i tuoi occhi hanno fissato i miei mentre venivo e bagnavo il cazzo di chi avevi scelto per me. Con te seduto a qualche metro. I tuoi occhi dentro.

La prima volta che abbiamo passeggiato fra corpi nudi avvinghiati sorridendo dei gemiti e dei corpi brutti come di quelli belli. Che non hanno più differenze, solo odori.

Quelle lanterne che accompagnano l’uscita e l’entrata e ci hanno portato via accese per altri giorni a venire. Perché ci siamo talmente caricati da non riuscire a smettere di scoparci… come poi abbiamo scoperto ci succede spesso prima e dopo certe occasioni.

Occasioni d’uso dove raggiungo una tale estasi che scriverla qui risulta perfino riduttivo. Perché tutta l’attesa di quelle mani che entrano, quelle dita che stringono sulla gola, quel possedere che ti porta così lontano.. non mi fanno sentire usata, anzi. E ‘come se io vi usassi per raggiungere un punto che ancora non ho trovato, ma che si nasconde in fondo alla costrizione e a quel buio in cui mi porta.